C’è stato un tempo in cui quell’apparecchio chiamato cellulare forse davvero era un servizio. E, in quanto tale, eravamo abituati a pagare per quel servizio. Mandare un SMS costava. Ad ogni invio seguiva un addebito immediato. Il credito diminuiva, all’istante. Allora facevamo tutto con più attenzione. I nostri genitori SAPEVANO quanto spendevamo di ricariche mensili. L’SOS ricarica era l’ultima spiaggia e persino il costo per poterne usufruire sembrava troppo alto. Per non parlare delle prime connessioni a Internet da cellulare. Potevamo sudare freddo se per errore partiva una connessione.
Oggi, come in tante altre situazioni, la cosa ci è sfuggita di mano. Con quello che un tempo era il costo di ricarica abbiamo minuti, GIGA, relazioni You&Me e la vana speranza di incontrare Patrick Dempsey al parco.
Sembra passato un secolo da quando ero figlia e stavo attenta ai costi degli SMS. Oggi sono madre e la generazione delle mie figlie cerca il WIFi anche nel Sahara, scenario perfetto per fare “Musical.ly”, a patto di non scaricare i propri GIGA a disposizione.
Ma non ne faccio una questione di costi. Ne faccio una questione di tempi e di energie che sprechiamo.
Ore col cellulare incollato addosso. Il panico se te lo dimentichi a casa. Il panico se la presa della corrente su Trenitalia non funziona e non puoi ricaricare la batteria. Il panico se non si fotografa TUTTO. Che poi, detto tra noi, la gente va in giro, fa cose e vede persone, ma sempre la boccuccia “a culo di gallina” fotografa. Saranno contenti i chirurghi estetici…
È vero, la tecnologia ci aiuta. Ci rende più organizzati. Ci dà maggiori sicurezze. Anche se non dimentico la ragazza data alle fiamme dal proprio ex, che grazie ai servizi di localizzazione l’ha rintracciata e uccisa.
Per non parlare dello stress a cui siamo sottoposti. Messaggi su WhatsApp da tutti, a tutte le ore. Ma attenzione, la colpa non è del singolo, ma del GRUPPO. Cose inutili, faccine in abbondanza, messaggi vocali che neanche Winston Churchill alla radio parlava così tanto. Richieste lavorative a gratis travestite da messaggi “in amicizia”. Talmente in amicizia che se visualizzi e non rispondi passano a Messenger: “Oh, ti ho scritto su WhatsApp”.
Un’interruzione continua che ci distoglie da ciò che stiamo facendo e ci fa perdere il filo, costantemente.
No: è tempo di darsi una regolata.
E così l’ho fatto: l’ho silenziato. Lo uso ma l’ho silenziato. WhatsApp intendo. È un servizio, utile, e lo tengo. Ma sono io ad usarlo, non è lui a condizionare i miei tempi, il mio lavoro e le mie relazioni sociali.
L’ho silenziato una domenica pomeriggio alle 17. La mattina dopo, alle 7, avevo 147 messaggi. Pensate voi se un tempo, in 14 ore (di cui gran parte notturne), aveste ricevuto 147 SMS…
Bellissimo post!
Grazie mille!