La scomparsa del tradizionale sms è la testimonianza di un trend preoccupante: la vita sta diventando artificiale. Sta diventando un qualcosa da mettere in vetrina. L’imperativo è “mostrare”. Tutto. Anche se è finto. Mostriamo felicità, sembriamo sempre al massimo, sembriamo sorridenti 24 ore al giorno. Poi una volta spenta l’App fotocamera quel filtro che ci rende fantastici scompare. Oppure, al contrario, informiamo pubblicamente il mondo in un aggiornamento di stato: “sono inc….”, “ma Vaff…..”. Il tutto solo per attrarre quegli spettatori che al pronto commento “ma che succede?” si sentono rispondere “no niente, poi ti spiego”, oppure, “mss in prvt”
Non che l’sms sia di fondamentale importanza, intendiamoci. Ma la sua scomparsa è significativa. L’sms è scomparso, perché si fa tutto con messenger, whatsapp, wechat, viber… devi essere online, devi essere connesso, perché se non sei connesso è colpa tua. L’invio di un sms è diventato quasi troppo intimo, così come è diventato troppo intimo il saluto per strada. Non ci riconosciamo. Siamo in imbarazzo.
Non faccio altro che trovarmi di fronte a foto di bambini, che si svegliano, che fanno colazione, che fanno merenda… Le foto hanno il pregio di regalarci un ricordo di un momento, di una sensazione, di un’emozione. Che senso ha se ogni istante viene ripreso da una fotocamera di uno smartphone? L’essere perennemente impegnati a scattare e a condividere ci fa perdere quello che realmente stiamo vivendo o che stanno vivendo i nostri figli. Ricorderemo la foto, ma non ricorderemo il momento.
Se non facciamo un passo indietro, avremo generazioni di figli che non sono in grado di rapportarsi, che sapranno solo parlare di quello che è accaduto nel Social che ci rende asociali.
Lo scrivo con seria cognizione. Lavoro nel mondo della comunicazione, la uso. Ma non deve essere lei ad usare me, non deve essere lei ad usare noi.