Attentati terroristici a Parigi: il timore della fine della Pace


Parigi_foto_di_Antonella_CriscuoloIeri sera l’ultimo pensiero con cui mi sono addormentata è stato quello della guerra. Stamattina riesco solo a pensare a quello che è accaduto, o forse meglio è meglio dire che sta accadendo, a Parigi. Quando ho sentito il numero delle vittime aggiornato dell’attacco terroristico multiplo messo a segno ieri sera ho avuto come un dolore al torace. Sono 127 i morti, quasi 200 i feriti. A Parigi. Quella Parigi in cui poco più di un mese fa ho portato le mie figlie. Quelle strade che riconosco, nell’XI Arrondissement. Quella Parigi che è già stata ferita che si è già rialzata. Ma stavolta è dura.

Nelle parole che scrivo non ci vuole essere nessun giudizio, nessuna valutazione oggettiva. Non sarebbe possibile e non ne sarei in grado. È più una mia necessità di buttar giù queste emozioni che non riesco a trattenere. È più un bisogno mio di provare a mettere in ordine i pensieri. E la prima cosa che riesco a focalizzare è che ho paura. Capisco le parole del presidente francese Holland, che dice “non ci lasceremo intimidire”. E stimo la dignità dei francesi nel voler reagire. Anzi, quasi la invidio. Nonostante siano stati invitati ieri sera a rimanere in casa, molti di loro sono andati in strada, quasi a dire “noi ci siamo”.

Io ho paura. Ho paura perché come già ho scritto in occasione dell’attentato contro Charlie Hebdo il terrorismo è difficile da fermare. Hollande ieri sera ha detto che vuole assolutamente la chiusura delle frontiere. Barack Obama dagli Stati Uniti ha detto che l’America farà di tutto per stare accanto alla Francia e per fermare i terroristi. È giusto che dicano così, almeno secondo me. Ma, sempre secondo me, non basterà. Pensiamo proprio a Parigi. Quanto ha già subito? L’intelligence non ha potuto prevenire una strage, sono stati messi a segno 7 attentati, in più Arrondissement, in occasione di un appuntamento a rischio, ovvero la partita Francia-Germania. I terroristi sono riusciti a colpire lo stadio, dove era presente il Presidente francese. E poi un ristorante. E poi un Teatro, il Bataclan, dove si registrava il tutto esaurito per un concerto. Hanno tenuto in ostaggio cento persone. E ad un certo punto hanno iniziato le esecuzioni.

Come si fermano i terroristi? Credo sia difficile, perché l’ideologia non è necessariamente legata al colore della pelle, a un accento, a un tratto somatico. Ai terroristi non serve un esercito, perché non si devono battere contro un esercito. Anzi, è forse proprio quella la loro forza. Con piccoli mezzi colpiscono i civili, riuscendo a mettere a segno delle carneficine. È vero: è un altro 11 Settembre.

Mi riconosco nelle parole pronunciate da Padre Lombardi, direttore della Sala Stampa del Vaticano: è stato “un attacco alla pace di tutta l’umanità, che richiede una reazione decisa e solidale da parte di tutti noi per contrastare il dilagare dell’odio omicida in tutte le sue forme”.

Fino a non troppo tempo fa l’Isis non ci sembrava così vicino. Ci sembravano, ma lo scrivo come parere personale, questioni a noi estranee. Non è più così.

Ieri sera seguivo le ultime notizie su Twitter e ad un certo punto ho interagito con un mio contatto negli Stati Uniti, “conosciuto” in occasione del naufragio della Costa Concordia. Si tratta del Coordinatore della Comunicazione di Emergenza della città di Yonkers, nello Stato di New York. Ad un certo punto mi ha scritto che anche a loro sembra che non ci siano più posti sicuri. E ha concluso scrivendo: “Qui ce lo aspettiamo da un momento all’altro”. Penso sia questo quello che in molti di noi temono in questo momento. E non egoisticamente, ovvero non credo si tratti più di paura per se stessi, ma di una paura generalizzata, come ha detto Padre Lombardi, per la “pace di tutta l’umanità”.

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