I danni del web, che davvero non è per tutti (i giornalisti)


Credo molto in un detto: “Fa più rumore un albero che cade, che una foresta che cresce”. Lo trovo molto vero. Non ci accorgiamo, il più delle volte, di quanto sia faticosa la crescita di un qualcosa, di qualcuno. Però ci è sempre evidente, in modo palese e amplificato, il fenomeno della distruzione.

Scrivo questo perché ultimamente ho riflettuto molto su quanto sia facile denigrare qualcuno. Sopratutto grazie a Internet, ma sopratutto ai social network. Abbiamo tutti la penna in mano e possiamo arrivare a chiunque, facendo dei danni. Ma la cosa che mi spaventa ancora di più è quanto gli addetti al settore, quelli che dovrebbero essere professionisti, se ne approfittino. Mi rivolgo, con dispiacere, anche ad alcuni miei colleghi giornalisti, che sanno di avere un mezzo potente a disposizione e lo usano, purtroppo, in modo non corretto. Colpa anche dell’enorme diffusione di siti di informazione.

Pensiamoci bene: fino a qualche anno fa i giornali erano esclusivamente cartacei, con un limite di spazi, di contenuti decisi collegialmente da una redazione, in base a una linea editoriale e in base al criterio della qualità di informazione. Cosa che, intendiamoci, può accadere e accade anche in giornale online. Ma sarebbe una pura ipocrisia affermare che la situazione è sotto controllo. In questo proliferare di fonti – autorevoli e in regola oppure no – l’obiettivo è quello dei numeri, un tempo chiamati lettori. Sopravvive chi ne fa di più. E allora via alle “non notizie” e agli articoli privi di due requisiti fondamentali: veridicità e diritto di replica. Basta dare un tocco di sensazionalità e il gioco è fatto, spesso ai danni di qualcuno. Si cerca a volte il “marcio” dove non c’è. Si attaccano le persone, senza interpellarle o modellandone le dichiarazioni a proprio piacimento.

Beh, non è questo il giornalismo che mi piace. E sono d’accordo in un certo senso con quanto disse Umberto Eco, quando affermò che Internet “ha dato diritto di parola agli imbecilli”.

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